OCCUPARE IL TEMPO O PREPARARE IL FUTURO?

La tentazione è forte e, a volte è, anche legittima. I ritmi sono indiavolati. Le cose cono diventate tutte necessarie. Il tempo non basta mai. Il traffico complica la vita. Spesso ci manca un aiuto vicino che ci sostenga e ci conforti. Nella vita poi non si combatte mai su un fronte unico e non si fa mai una battaglia per volta. Ci si trova a lottare sempre su diversi fronti e ad affrontare battaglie diverse nello stesso tempo. Spesso sentiamo una stanchezza che ci schiaccia. E la tentazione della tranquillità, di una pausa anche legittima, è sempre una grande seduzione. Cerchiamo sempre uno stato di tranquillità permanente. Uno stato di pace senza fine. Le espressioni che usiamo di più gli uni verso gli altri sono “non mi rompere”, “mi hai rotto”, “adesso avete rotto…” che non sono solo un modo di dire, ma esprimono profondamente la nostra tendenza a provare fastidio tutte le volte che gli altri, chiunque altro, si avvicinano minacciosi nella nostra sfera privata e nei nostri spazi confortevoli. Tutto questo ha delle ripercussioni nel nostro modo di esercitare qualsiasi responsabilità e ogni forma di paternità, di cura, di amore nei confronti di coloro che ci sono affidati. C’è il rischio di sposare la pedagogia del ciucciotto con i nostri figli. Forse riusciamo anche a convincerci che è giusto e necessario, che è un metodo accettabile e adatto per aiutarli a crescere. La pedagogia del ciucciotto è quella che si impegna a mettere il silenziatore. E più che a lasciarsi interpellare dal pianto, dal lamento, dalla richiesta, dalla ribellione… tende a difendere la propria tranquillità. È tutto ciò che difende i nostri spazi e le nostre corse e non porge veramente l’orecchio al bisogno e alle parole del piccolo. Naturalmente il ciucciotto non possiamo usarlo sempre con i nostri figli. Quando cominciano a superare i primi anni diventa difficile giustificare questo strumento che è pensato per una fase della vita decisamente iniziale. Allora si usa disney channel, il telefonino con le filastrocche di youtube, poi la babysitter, i nonni, le uscite, il telefonino, le attività di palestra, di musica, di sport, i viaggi, lo shopping…
Per carità tutto è buono. Non vogliamo demonizzare nulla. Però bisogna rimanere svegli e chiedersi se le cose infinite che facciamo fare ai nostri figli sono volte alla loro crescita o alla nostra pace. Servono a loro per diventare grandi oppure servono a noi per non sentirli! Riempiamo il loro tempo per non perdere il nostro? Questa inutile tranquillità prima o poi presenterà il suo conto. Oggi facciamo il tifo per il dialogo e di fatto diciamo tante parole. Ma di fatto rischiamo di parlare molto meno dei genitori di un tempo che usavano, è vero, poche parole, ma con la loro vita tracciavano un sentiero sicuro. Non possiamo scivolare in questo terribile inganno di riempire la nostra agenda e quella dei nostri figli con tantissime attività che ci agitano e alla fine non portano a niente. Spesso non hanno né capo e né coda. Bisogna insistere con la difficile arte di ascoltarsi e di ascoltare. È urgente e necessario non farsi imprigionare nel momento presente senza guardare oltre, senza guardare al domani, senza fissare la meta, senza pensare al tempo del raccolto, senza chiedersi dove portano e cosa danno le cose che facciamo e le scelte che prendiamo oggi. Possano i vostri figli trovarsi accanto dei papà e delle mamme che guardano sempre avanti e non solo alla pace momentanea e passeggera. E poi, aiutate i vostri figli ad avere relazioni. Non riempiteli di cose, ubriacateli di persone. La vera ricchezza di una vita sono le relazioni. Se non volete piangere domani la loro solitudine cominciate presto a non lasciarli soli. Stanateli. E offrite loro subito il gusto e la gioia dell’amicizia.

P. Emanuele Sgarra scj

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