PERCHÉ LA NOSTRA GIOIA SIA PERFETTA

Carissimi,
non ricordo bene chi l’abbia detta, ma la frase mi è rimasta impressa, anche perché, di persona, ne ho sperimentata più volte tutta la verità.
«Il dolore può bastare a se stesso. Ma per apprezzare a fondo una gioia, bisogna avere qualcuno con cui dividerla».
Non c’è dubbio. Se il dolore lo condividi con altri, il suo peso diminuisce. Se invece spartisci la gioia, questa aumenta a tal punto che minaccia di straripare.
Ecco scoperto il motivo [ultimo] per il quale Giovanni ci vuol mettere a parte dei suoi segreti sul «Verbo della vita», che egli ha avuto la fortuna di udire, vedere, contemplare e stringere con le mani: «Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia perfetta».
Vi confesso un abbaglio.
In un primo momento avevo letto: perchè la vostra gioia sia perfetta. E avevo pensato a un moto di esuberanza dell’apostolo, desideroso di offrire agli altri occasioni di gaudi spirituali autentici, profondi, intensi, che non soggiacciano, cioè, all’usura dell’abitudine o al timore della fine. E in questo senso avevo già scritto mezzo articolo, in cui mi ero scatenato anch’io nel dissertare sulla gioia che reca l’annuncio cristiano nell’anima di chi l’accoglie. Sapendo poi che gli interlocutori di questo mio scritto siete voi catechisti, mi ero permesso di affidarmi un pochino all’estro poetico chiamandovi missionari della gioia e benefattori del genere umano, proprio perché, con la vostra testimonianza, introducete nelle vene della storia quella linfa pasquale che ci restituisce tutti ad una grande voglia di vivere.
Cose vere, senza dubbio, che non intendo rimangiarmi. Tanto vere, che, a puntellarle con una buona citazione biblica, mi era parsa pertinente la frase del capitolo nono di Isaia: «Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia».
Ed è stato proprio qui che mi sono accorto che il testo di Giovanni dice: perché la nostra gioia sia perfetta. La nostra gioia, non la vostra. Non si tratta, cioè, di moltiplicarla, la gioia. Si tratta di dividerla. Anzi di condividerla. Con un risultato che ha del paradossale: perché, a differenza delle divisioni normali, quanto più alta è la cifra del divisore, tanto più grosso è il quoziente.
Cari catechisti, temo di non aver dato un forte contributo alla chiarezza. E allora, se me lo permettete, desidero riassumere il messaggio racchiuso nel versetto di Giovanni in due momenti.
Prima di tutto, l’apostolo vuol dire che l’annuncio cristiano è sempre orientato alla gioia, pace, festa, sorriso, danza, luce, tenerezza, ottimismo, abbandono gaudioso, affido appassionato, frescure mattinali, quietitudini vespertine, silenzi notturni grevi di attese… sono feritoie lessicali attraverso cui possiamo intuire a quali vallate di incredibile felicità senza ombre siamo tutti chiamati.
Forse dovremmo alimentare meglio questa cultura della gioia e far capire, specialmente ai nostri ragazzi, che tutte le vocazioni penultime a cui dobbiamo rispondere sono funzionali a quella vocazione definitiva che porta il nome di felicità. Approdo estremo di ogni nostro cammino.
Dio è gioia, scrive un poeta; per questo ha appeso il sole innanzi a casa sua!
In secondo luogo, l’apostolo Giovanni afferma che l’annuncio cristiano non solo reca gioia a chi lo riceve, ma rende completa anche la gioia di chi lo trasmette. Mi pare, anzi, che la sottolineatura di questa completezza penda proprio dalla parte di chi reca lieti annunci.
Accogliere Gesù Cristo, in altri termini, significa, sì, trovare la fontana della letizia. Ma annunciarlo agli altri vuol dire portare a compimento il gaudio del primo incontro con lui, e raggiungere il vertice di ogni felicità. In questo senso si verifica appieno il detto degli Atti degli apostoli riferito a Gesù: «vi è più gioia nel dare che nel ricevere».
Lusinga buona per esortarvi ad un impegno missionario più forte? Stimolo discreto a non perdervi di coraggio quando le fatiche dell’evangelizzazione si fanno sentire? Allusione a pozzi misteriosi d’acqua fresca dove trova refrigerio solo chi ha camminato per portare agli altri liete novelle? Sottolineatura di quel fenomeno strano per cui una gioia spirituale quando la si divide, invece che dimezzarsi, si raddoppia?
Una cosa è certa. Nell’exploit di questo formidabile versetto, Giovanni ci si mette accanto e sembra dire a ciascuno di noi: «Frate Leone, pecora di Dio, quando avrai faticato per portare agli altri la parola del Signore, e ti sarai sforzato di trasmettere la tua esperienza vissuta con lui, e non avrai fatto conto degli ostacoli incontrati nel cammino, e avrai sofferto a causa del vangelo, e ti sarai accorto che anche una sola persona si è aggiunta al numero dei suoi discepoli… scrivi che qui è perfetta letizia!»
A laude di Cristo. Amen!

10 giugno 1990 + don TONINO BELLO

Seguici: