4. La benedizione dell’acqua
L’incontro odierno è dedicato alla benedizione dell’acqua, il quarto passaggio del rito del battesimo.
Nella nostra scansione, suddivisione del lavoro per vedere un po’ le cose fondamentali del rito del battesimo siamo arrivati adesso, dopo l’unzione pre-battesimale che è insieme all’esorcismo, e che avviene prima del battesimo, al vero e proprio oggetto che servirà per il battesimo stesso. La materia del battesimo è appunto l’acqua. Noi dobbiamo un po’ capire il segreto di questo rito, perché qui siamo arrivati al centro rituale dell’evento del battesimo. Il bimbo, se è un bimbo, o l’adulto dovrà confrontarsi con quest’acqua. La forma primaria, un po’ difficile da poter preservare, ma quella che è collegata proprio al tema del battesimo è quella dell’immersione, ma è logicamente preferita, in genere, sotto il punto di vista pratico la formula dell’aspersione. Di fatto la parola “battesimo” vuol dire “immergere”; βαπτίζω è un verbo che vuol dire “immergere qualcosa in qualche luogo”; al medio-passivo βαπτίζομαι vuol dire “essere immersi in qualche cosa”. Ecco che proprio “battesimo” vuol dire “immersione”, quindi noi dovremo capire questo rito della benedizione dell’acqua perché, di fatto, questo atto vero e proprio dell’immersione spiegherà che dobbiamo entrare nella decodifica di questo oggetto, quest’acqua, che serve per l’immersione.
Noi dobbiamo partire dal demistificare un pochino quelle che sono le precomprensioni sulla funzione dell’acqua. Naturalmente, ciò che noi pensiamo è che l’acqua serve per lavare e, ancora di più, come alimento essenziale della nostra vita. Per cui noi pensiamo normalmente all’acqua come valenza positiva, come valenza che ci dà un valore vitale, essenziale per la nostra sopravvivenza; ma quella è un’accezione che, sorprendentemente, scopriremo essere un po’ estranea all’intuizione proprio liturgica del battesimo. Ovverosia, senza ombra di dubbio, l’acqua ha comunque una forza positiva in sé, ma in questo caso questa valenza positiva è secondaria. In effetti dovremo un po’ capire perché bisogna fare la benedizione dell’acqua in questo rito battesimale. Qual è la funzione di questa benedizione, qual è la sua utilità e perché l’acqua deve fungere proprio come strumento per consegnare la vita battesimale, consegnare la vita cristiana. Ecco, quello che dovremo fare è un piccolo, essenziale viaggio nell’antichità per scoprire che cosa era l’acqua per gli antichi, che cos’era l’acqua così come la troviamo, utile, al nostro rito battesimale.
Dobbiamo innanzitutto chiederci se parliamo di acqua che è in funzione dell’esser bevuta o dell’essere usata, maneggiata dall’uomo o se parliamo di un altro tipo di acqua. Ecco, l’acqua quando è poca, la maneggiamo noi, la possiamo bere noi. Ma quando invece parliamo di immersione, parliamo di tanta acqua, molta acqua, un’acqua che l’uomo non può maneggiare, diciamo così; e qui passiamo dal poter bere l’acqua al rischiare di essere bevuti dall’acqua, all’esser presi dall’acqua. L’acqua quando è tanta è alluvione, è un altro tipo di acqua. Qui dobbiamo capire un pochino l’accezione che veniva data ai corsi d’acqua, al mare, l’acqua che è tanta e scopriremo che il suo segno è tutt’altro che quello della vita. È piuttosto un segno minaccioso.
L’acqua dunque nella sua accezione negativa, l’acqua che, se è presente in grande quantità, può uccidere, incute timore, fa paura. Dove trova fondamento questa prospettiva dell’acqua?
Partiamo dal fatto che noi troviamo negli antichi rituali e nelle relazioni dei padri della Chiesa questo fatto di dover preparare l’acqua, un’invocatio deo per poter far sì che l’acqua possa svolgere il suo ruolo. Addirittura parliamo proprio, come di fatto noi facciamo, di un’epiclesi. Già in tempi molto iniziali della storia della Chiesa c’è un επι-καλέω, un “chiamare sopra”, un “invocare sopra” l’acqua l’azione dello Spirito Santo. Si parla, in Agostino, di medicatio aquae, cioè l’acqua va medicata. Perché? C’è un punto che a noi sfugge. Ecco, l’acqua in antichità era concepita come sede della tenebra, sede del mistero; è il luogo dove l’uomo non respira, è il luogo dove l’uomo muore. Nelle religioni antiche l’acqua, ripeto, non in quanto acqua maneggevole, contenuta in brocche, dall’uomo usata e gestita, ma l’acqua di sorgenti, l’acqua di pozzi naturali, l’acqua logicamente di fiumi e cose di questo genere era considerata, soprattutto dalle religioni della zona medio orientale, la sede degli spiriti maligni, la sede, il luogo della tenebra, dell’oscurità. Vedremo poi che anche la Scrittura conferma una valenza, ripetiamo, minacciosa, mortifera dell’acqua. Addirittura noi abbiamo, sin dall’inizio, i formulari che parlano di un esorcismo che viene fatto (nel rito Ambrosiano, già al tempo di S. Ambrogio patentemente viene attestato), questo rito in cui l’acqua veniva esorcizzata. Noi dobbiamo pensare che ancora oggi, nella nostra benedizione dell’acqua -torneremo più avanti a parlarne- nel rito, che fino alla riforma liturgica concepiva addirittura l’immissione dell’olio del crisma nell’acqua e una serie di preghiere per scacciare la potenza di morte insita nell’acqua, noi abbiamo questo atto di immergere, durante la benedizione del fonte battesimale, nella notte di Pasqua, il cero nell’acqua. Che senso ha questo immergere il cero benedetto, che è segno di Cristo, nel fonte battesimale? Immergiamo il cero pasquale nel fonte battesimale perché entri nell’acqua e dia la forza di santificare. In sé noi possiamo trovare, per esempio, in un luogo, a Baniyas, in Terrasanta, nell’estremo Nord di Israele, il luogo del cosiddetto primato di Pietro, una serie di templi raccolti attorno a una sorgente; sono templi di diverse origini, spaziano da templi greci, romani, ma anche e soprattutto cananei. In quella sorgente si consumavano sacrifici umani. L’acqua è ciò che può togliere la vita all’uomo, è ciò che l’uomo non gestisce, ciò che supera la sua abilità di sopravvivere. Annegare nell’acqua. Non dimentichiamo -fra poco lo vedremo meglio- che proprio il mondo, secondo la Scrittura, nasce dallo spostamento delle acque; l’acqua si sposta e appare l’asciutto e allora appare la vita. In effetti noi viviamo sulla terra ferma e l’acqua, quando è tanta, è luogo a noi impedito, a noi vietato. Possiamo dominarla, ma le navi sono sempre e comunque esposte a pericolo. Noi dobbiamo pensare alla mentalità arcaica e alla mancanza della tecnologia moderna che pure garantisce fino a un certo punto la nostra sicurezza.
E allora: se la terra è il luogo dove si vive, l’acqua è il luogo dove non si può vivere, dove non si sopravvive, dove presto o tardi si muore. Che cosa vuol dire questo? Che proprio il battesimo implicherà affrontare questo elemento, affrontare un elemento sede del male, secondo la mentalità arcaica religiosa, un luogo dove l’uomo viene preso e mangiato, viene inghiottito. Ecco, entrare, essere inghiottiti proprio da questo luogo pericoloso.
Se l’acqua è il luogo della morte, dove non si può vivere, ed è sede anche del male, e fa paura perché utilizzare proprio l’acqua nel rito del battesimo?
Ecco, questo è ciò che noi dobbiamo scoprire attraverso un viaggio a ritroso. Ancora una volta, ripetiamo, vediamo come pian piano l’acqua rappresenta il nulla. Nel vecchio rito ambrosiano appunto si parla esplicitamente di spiriti maligni presenti nell’acqua. Nel rito che abbiamo avuto, ripeto, fino a prima della riforma liturgica s’infondevano crisma e olio dei catecumeni nell’acqua per consacrare ed esorcizzare. C’era un peculiare modo di soffiare da parte del sacerdote per invocare lo Spirito Santo. Dove affondano le radici di questo rito così sorprendente per la nostra sensibilità? Andiamo un pochino a vedere l’etimologia della parola “acqua” nella Scrittura e anche un po’ nella lingua che la Scrittura ha scelto o nelle lingue che poi la Scrittura ha implicato. מַיִם è la parola ebraica che sta per acqua. מַיִם è un duale cioè indica una pluralità, è un segno di qualcosa che non è tanto domabile, infatti noi parliamo di acqua, mentre la parola ebraica indica le acque, il plurale. Se io dico “le acque”, anche in italiano inizio a capire la valenza di una cosa plurale, molteplice, quantitativamente abbondante. Questo termine ne richiama un altro che viene indicato per tutti quelli che saranno poi i segni, le prefigurazioni del battesimo, il termine תְּהוֹם che vuol dire “massa d’acqua” o “abisso”. Ecco, il תְּהוֹם è una creatura di Dio, mostruosa che mangia l’uomo, che ha una maggiore forza dell’intelligenza e della capacità umana. Se noi andiamo al greco abbiamo ύδωρ, da cui “idrico”; ύδωρ è invece semplice, vi è tutta la valenza razionalistica, tipicamente greca che semplifica in questo senso questa problematica. Ma è interessante che “acqua” in italiano, viene dal latino “aqua” che deriva da un’antica radice indoeuropea “AK” che vuol dire “piegare”, “pieghevole”, “mutevole”, “indomabile”. Il senso è quello di “mutevolezza”, infatti l’acqua, anche per sua propria natura intrinseca passa sorprendentemente dal ghiaccio al vapore a una velocità che è piuttosto notevole rispetto a tutti gli altri elementi; però l’acqua necessaria per la vita è un elemento indomabile. È interessante che per esempio nei Salmi si parla del «sentiero di Dio che passa sulle grandi acque» (Sal 77). Bisogna appunto notare che c’è questa proclamazione di un Dio potente sull’acqua. Vari Salmi parlano della voce di Dio che è più potente delle grandi acque; perché queste grandi acque cosa vanno a rappresentare? C’è per esempio un elemento contrario che però ci conferma lo stesso dato; il Salmo 23 parla del Dio che mi porta alle acque tranquille, perché esistono delle acque tranquille, e sono un’alternativa alle grandi acque, all’abisso, a questo rischio. Allora noi dobbiamo un po’ vedere che nella benedizione dell’acqua battesimale il rito richiama una serie di elementi. Possiamo ascoltare un pochino cosa dice all’inizio il rito: «O Dio per mezzo dei segni sacramentali tu operi con un invisibile potenza le meraviglie della salvezza e in molti modi, attraverso i tempi, hai preparato l’acqua, tua creatura, ad essere segno del battesimo. Fin dalle origini il tuo Spirito si librava sulle acque perché contenessero in germe la forza di santificare. Anche nel diluvio hai prefigurato il battesimo perché oggi, come allora, l’acqua segnasse la fine del peccato e l’inizio della vita nuova. Tu hai liberato dalla schiavitù i figli di Abramo facendoli passare illesi attraverso il Mar Rosso perché fossero immagine del futuro popolo dei battezzati». Ecco, questa parte della benedizione dell’acqua è quella che riguarda gli antichi segni che hanno prefigurato il battesimo.
Abbiamo indicato la presenza di questi segni nella Scrittura. Guardiamoli un po’ più da vicino.
Sono paradigmi dell’Antico Testamento. La prima cosa che compare sono le acque primordiali. Le acque primordiali nel racconto della Genesi trattengono la vita, e lo Spirito Santo le rende feconde aleggiando sopra di esse, ma Dio deve comandare alle acque di separarsi. Le acque, l’abisso che viene richiamato proprio nel testo della Genesi, devono rilasciare la vita; le acque primordiali trattengono la vita e, per un comando di Dio, per la potenza di Dio e l’aspetto anche maternale di questo Spirito che cova le acque queste vengono sottomesse al potere della parola di Dio e rilasciano il permesso alla vita di esistere. E quindi c’è stato un momento di dominio da parte di Dio su un elemento che poteva non permettere la vita.
Passiamo al secondo segno: sono le acque del diluvio. Le acque del diluvio sono la retroversione della creazione; cioè il male è ormai sulla terra e allora le acque si riprendono la terra che avevano rilasciato. Cioè c’è questo segno angosciante che, se il cuore dell’uomo cede al male, il mare straripa e si prende tutto quello che è lo spazio vitale dell’uomo; ecco che le acque non resistono più al comando di Dio e anzi è Dio stesso che comanda loro di riinvadere la zona vitale. Le acque si riappropriano della vita colpevole e la uccidono. Questo segno è terribile, ma indica che nell’acqua c’è la morte, e se la morte è richiamata dall’uomo attraverso il peccato, attraverso il male, attraverso l’ingiustizia, attraverso la mancanza dell’amore ecco che le acque hanno la loro zona. Ancora una volta il segno è terribile.
Ma se noi andiamo al terzo elemento, al terzo evento che viene ripresentato dalla benedizione dell’acqua noi siamo di fronte a un segno ancora una volta limpidissimo di morte che si deve far da parte: è il caso dell’acqua del Mar Rosso. Il popolo ebraico arriva di fronte alle acque, grida di paura perché dietro di loro c’è il nemico che li insegue. Ed ecco che su comando di Mosè le acque vengono spostate dal tocco del suo bastone ed essi passano all’asciutto. Ed è un’immagine di creazione: così come all’inizio le acque si spostano e appare la vita ecco, si spostano queste acque e il popolo passa all’asciutto. Quando il popolo è passato ed entra l’esercito egiziano ecco che le acque si riprendono ciò che gli appartiene, cioè è una forza di morte. Non dimentichiamo che tutta questa storia è stata preparata dal racconto di tutto il male che il potere egiziano aveva imposto sopra il povero popolo ebraico.
E allora quello che compare è questo limite invalicabile che uccide o, se si sposta, permette la vita. Entrare in quest’acqua vuol dire entrare nell’elemento che toglie la vita, come abbiamo detto e come stiamo ripetendo in tutti i modi. E allora dobbiamo capire esattamente che cos’è, attraverso questo segno, il battesimo.
Di fatto noi vediamo il potere dell’acqua. Il potere dell’acqua è uccidere e nel battesimo chi viene immerso entra nell’elemento che è il regno del male, il regno della morte. Entra, perché questa è una creatura che obbedisce a Dio, perché questo è importante: quest’acqua svolge una missione, e questa missione è di uccidere, dovrà dare morte. Essere inseriti nel battesimo è vivere un segno che regala l’entrare nel nulla di Cristo e l’uscirne vivo. Essere immersi nell’acqua significa fare, attraverso il sacramento, esperienza, che è profezia, della vita cristiana, la quale è così delineata: possibilità di entrare in ciò che uccide e uscirne vivi per la potenza di Cristo, il quale, con il suo dominio, con la sua parola, con la sua vittoria nella risurrezione rende l’uomo capace di entrare lì dove dovrebbe morire. Tutto questo ha una valenza esistenziale strepitosa. Comunque annunzia la consegna all’uomo della vita eterna, la vita che non deve più temere la morte.
La formula di questa benedizione dell’acqua richiama quindi degli aspetti esistenziali, come abbiamo accennato. Quali sono nello specifico?
Beh, sono tutto il portato del cristianesimo, di fatto. Essenzialmente il cristianesimo si fonda sulla notizia che un uomo crocifisso, morto e sepolto è uscito dalla tomba ed è risorto e il battesimo sarebbe certamente il luogo dove questa risurrezione viene assegnata all’uomo come eredità, è da lui presa in possesso. Se noi andiamo a vedere, infatti, questa benedizione racconta come le acque hanno portato questa capacità di uccidere, di cambiare, di far passare l’uomo per un’esperienza di trasformazione, e come questo si compie pienamente in Cristo il quale, dopo la sua risurrezione, manda i discepoli a battezzare. E quindi la Chiesa chiede che quest’acqua abbia, per opera dello Spirito Santo, la potenza di cancellare il peccato e far rinascere. Questo cancellare il peccato non va inteso tanto nel senso di una pulizia, quanto di una trasformazione che rende nuovo e libero l’uomo dal peccato.
E allora, il segno dell’immersione, quando può esser fatto, fa’ vedere esplicitamente, compiutamente, il senso proprio del battesimo. E questa benedizione indica lo statuto, i valori impliciti in quest’acqua. Quest’acqua dovrà uccidere per poter consegnare la sorpresa di una vita che, per la potenza di Dio, esce dall’acqua e sopravvive all’acqua. E questa è la trasformazione dell’uomo.
Allora questo ha, prima di tutto, un senso appunto di trasformazione: l’uomo può vivere la morte ddi ciò che in lui non appartiene al bene. L’uomo, come nel diluvio, può essere intimamente inondato, e può essere cancellato in lui quel seme di male che lo abita e che è il suo disordine, il suo caos, il suo rendere la vita un luogo senza bellezza. Ma questo ancor di più è visibile nel fatto proprio dell’atto: entrare e uscire nel nome di Dio, nel nome della fede, nel nome della Santissima Trinità. Entrare in ciò che uccide e uscirne vivi. Questo è ciò che rende possibile la vita cristiana; perché in effetti, quando parliamo di opere di vita eterna, noi stiamo parlando di opere che facciano presente una vita più forte del nulla. Queste opere sono per esempio la fedeltà. La fedeltà, che è l’aspetto essenziale dell’amore, vuol dire essere fedeli anche nel dolore. Entrare nel dolore che l’altro dà è fedeltà a tutto tondo, è fedeltà nel matrimonio, è fedeltà nella paternità, nella figliolanza, nella fraternità, nell’amicizia, in tutti i tipi di rapporti, e ciò vuol dire potere entrare nel luogo del nulla che è l’aspetto povero dell’altro, gli errori dell’altro, le cose che ci fanno soffrire e poter uscire vivi in nome del nostro battesimo, in nome della potenza di Cristo; poter entrare nella croce della nostra vita, quando si presenta, quando il dolore, l’angoscia ci attanagliano ed ecco, nel nome del nostro battesimo, noi possiamo fare questa esperienza: scoprire che lo Spirito Santo dà a quella morte che si sta presentando, a quel nulla che si sta facendo presente il potere di cambiarci, il potere di trasformarci. Sicché, quando l’uomo incontra ciò che teme, nel nome del proprio battesimo, e per virtù di una vita che sia alla sequela di Cristo, può trasformare quell’evento, quella situazione che può essere dolorosa, che può essere tenebrosa, che può essere spaventosa, in luogo di vita, anziché di morte. Il battesimo celebra la possibilità che noi cristiani viviamo entrando, e non scappando più da ciò che temiamo. Annunzia la possibilità di vivere nella carità, amando oltre il limite del nostro vantaggio. Il battesimo rende possibile la vera speranza, che vuol dire sperare contro ogni speranza e ciò vuol dire avere la fede che non esistono vicoli ciechi, ma solo opere di Dio, avere la fede, vivere nella fede e fidarsi di Dio quando tutto sembra minacciarci.
Don Fabio Rosini