Carissimi,
ricominciamo il cammino ordinario. È il tempo più lento e più fecondo. Abituati a un ritmo veloce c’è il rischio di non andare più a tempo e di non saper aspettare la cadenza della realtà che in molti casi è diversa da quella dei nostri pensieri. La realtà è sempre in affanno rispetto ai progetti e ai pensieri, però è quella che conta.
Il tempo ordinario ci permette di metterci al passo con la vita che è fatta di tantissime piccole cose che proprio perché piccole rischiano di essere sottovalutate e di essere lasciate indietro. Si rischia di non dare tutta l’attenzione che meritano e di fuggirle nei nostri pensieri.
Le cose ordinarie in una parrocchia sono l’ascolto della Parola, la celebrazione dei sacramenti e la vita fraterna. Senza la cura di queste realtà una parrocchia perde il suo senso e stravolge la sua missione.
L’ascolto della Parola non può limitarsi alla messa o al catechismo dei bambini. La messa non riesce da sola a nutrire la fame di luce che richiede la nostra vita. E la fede non è indirizzata ai bambini soltanto. Un cristiano non si nutre della parola soltanto prima della comunione, come un uomo non mangia solo fino a dieci anni. E poi bisogna uscire dall’identificare la catechesi e la predicazione con norme, precetti, certificati e regole. La parola è quanto di più necessario ci possa essere per un uomo. E oggi anche di più urgente. Abbiamo bisogno di cogliere l’orizzonte nel quale ci muoviamo, di cogliere la radice e la fonte dei nostri passi, la direzione delle nostre corse, il motivo delle nostre fatiche, la sostanza delle nostre giornate, l’insieme della nostra storia, il segreto che si nasconde dietro il velo di ciò che viviamo e di quello che accade nella storia, per non farci schiacciare dalla sfiducia e dal tedio. La parola ci rende interlocutori e ci strappa dalla solitudine. La vita cristiana non è una serie di precetti da vivere, ma un dialogo continuo con il Padre che ci cammina a fianco. Così come la preghiera. Senza questo dialogo continuo e pieno di Parola di Dio non c’è fede o la fede è solo un viaggio nelle nostre sensazioni.
Nella parrocchia si celebrano i sacramenti. Questi non sono semplici riti. Non sono delle cerimonie per sfogare la nostra naturale sete di festa e di socialità. Non è un modo per dare lustro a tappe importanti della vita. I sacramenti sono un incontro. Sono il luogo dove siamo attesi da qualcuno che ci cerca sempre. Il luogo dove c’è Qualcuno che, nella discrezione più assoluta, ci rende ricchi di tesori che non siamo soliti inseguire, ci riporta alla nostra grandezza originaria, alla nostra vera bellezza. Vuol dire ascoltare, toccare, mangiare, vedere il Risorto oggi che si fa presente nella nostra Galilea.
Inoltre la parrocchia è una scuola di fraternità. Chi sfugge a questa disciplina rischia di chiudersi in una intimità sterile e vuota. Celebrare la domenica non è soltanto sentire la messa ma è pure, e non meno importante, incontrare i fratelli e le sorelle. La gioia del Padre è la comunione dei figli. Un padre non sa che farsene dell’affetto di un figlio che scarta e odia i suoi fratelli. L’avvertirà come una vuota moina, come una pagliacciata e avrà la percezione di una sconfitta e un fallimento senza pari.
Alla fine il Signore ci chiederà proprio questo: con chi sei venuto? Se arriviamo perfetti, ma soli, la nostra vita si rivelerà veramente penosa. Se arriveremo con i fratelli avremo colto davvero il cuore del vangelo.
Il Signore vi benedica
p. Emanuele, p. Francesco e p. Amedeo

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