Concludiamo questo ciclo di catechesi soffermandoci su una
virtù che non fa parte del settenario di quelle cardinali e teologali,
ma che è alla base della vita cristiana: questa virtù è l’umiltà. Essa
è la grande antagonista del più mortale tra i vizi, vale a dire la
superbia. Mentre l’orgoglio e la superbia gonfiano il cuore umano,
facendoci apparire più di quello che siamo, l’umiltà riporta tutto
nella giusta dimensione: siamo creature meravigliose ma limitate,
con pregi e difetti. La Bibbia dall’inizio ci ricorda che siamo
polvere e in polvere ritorneremo (cfr Gen 3,19), “Umile” infatti
deriva da humus, cioè terra. Eppure, nel cuore umano sorgono
spesso deliri di onnipotenza, tanto pericolosi, e questo ci fa tanto
male.
Per liberarci dalla superbia basterebbe molto poco, basterebbe
contemplare un cielo stellato per ritrovare la giusta misura, come
dice il Salmo: «Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna
e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti
ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi?» (8,4-5). La scienza
moderna ci permette di estendere l’orizzonte molto molto di più, e
di sentire ancora maggiormente il mistero che ci circonda e che ci
abita.

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