75 KILOMETRI CIRCA. IN BICI.
Erano più o meno questi i km che il mio papà, Pasquale, faceva per andare a spigolare il grano in quelle zone, nei pressi di Candela. Con la bici. E il ritorno era molto più complicato perché oltre alla fatica accumulata sotto il sole doveva riportare la bici e il grano raccolto. Chi glielo faceva fare? Nel suo tempo la sfida impellente da accettare e affrontare era quella della fame. Il suo dovere paterno lo portava lontano, e con sacrifici, a procurare il pane. Oggi non abbiamo più la sfida del pane. Certo che il pane rimane sempre necessario ma non è più la preoccupazione più dolorosa per molti. Oggi abbiamo l’abbondanza a km zero (certo non dobbiamo mai dimenticare quanti, anche in mezzo a noi e nel nostro tempo, arrancano). Oggi il pane è diventato addirittura pericoloso per le nostre diete e la nostra linea. Una volta si diceva di mangiare sempre con il pane per saziare la fame che mordeva lo stomaco. Ora si consiglia di mangiare senza pane per non ingrassare. Ringraziamo il Signore per il pane, ma apriamo gli occhi. Oggi il dovere paterno non ci dovrebbe portare lontano, e con sacrifici, a spigolare grano, ma a spigolare senso lì dove lo si trova, lì dove germoglia. Un padre non può restarsene tranquillo. Ora dovrebbe essere più inquieto di un tempo. C’è un’urgenza che non possiamo più trascurare. E non si tratta solo di speranza che rimane sempre l’eredità più preziosa da offrire ai nostri figli. Si tratta di aiutarli ad entrare nella vita adulta per tempo, al momento giusto. Il fatto che la vita si sia allungata, lo scimmiottare continuamente con l’età pensando di essere sempre giovani ci inganna e ci fa pensare, erroneamente, di avere sempre tanto tempo. Se un bambino raggiunti i nove mesi decide di venire al mondo non gli diciamo che è troppo giovane. No, è il suo tempo. Invece per sposarsi, per diventare padri, per uscire di casa, per diventare grandi siamo sempre giovani. E rimanendo in questa illusione ci ritroviamo vecchi senza aver combinato tanto. Leggevo una biografia di Paolo Borsellino e con sguardo matematico mi colpivano i numeri. A 52 anni assassinato dalla mafia. A 18 si iscrive a giurisprudenza. A 22 anni si laurea. A 28 si sposa a 29 è già padre. A 45 redige con Falcone, che aveva un anno in più, la sentenza per il maxiprocesso con più di 8000 pagine. Abbiamo perso le coordinate. Non sappiamo cosa vuol dire crescere e aiutare a farlo. Mi colpiva una sentenza del mese scorso dove i giudici respingono le richieste di una mamma e di suo figlio trentenne del mantenimento. La sentenza parla di autonomia economica ma la questione, a mio avviso, è ben più seria perché si tratta di capire quand’è che si diventa grandi. Abbiamo smarrito il desiderio e la misura. Non ne abbiamo voglia e non ne conosciamo i tempi. Serve una sentenza a dirci che i figli sono già cresciuti? Un padre e una madre non lo dicono più. Lo dice la legge. Gli adulti hanno l’obbligo di indicare il senso di questa avventura nella quale siamo coinvolti, il motivo per camminare e l’obbligo di aiutare i figli a stare nei tempi se non vogliono rendere la loro vita ridicola. Non dobbiamo scoraggiarci. Ma neanche dormire. La vita, se tutto va bene, dura 100 anni. Non possiamo pensare di avere sempre tempo. Anche 100 anni passano presto. Ma la cosa più dolorosa è arrivare in fondo sani, pasciuti e senza gloria, senza aver fatto niente di interessante. Sveglia! Bisogna aiutare i figli a crescere e ad avere voglia di vivere. Di pane ne hanno fin troppo.
P. Emanuele Sgarra scj
“La più grande disgrazia che vi possa capitare è di non essere utili a nessuno, e che la vostra vita non serva a niente”. Raoul Follereau