Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Nel nostro percorso giubilare di catechesi su Gesù, che è la nostra speranza, oggi ci soffermiamo sull’avvenimento della sua nascita a Betlemme.
Il Figlio di Dio entra nella storia facendosi nostro compagno di viaggio e inizia a viaggiare quando è ancora nel grembo materno. L’evangelista Luca ci racconta che appena concepito andò da Nazaret fino alla casa di Zaccaria ed Elisabetta; e poi, a gravidanza ormai compiuta, da Nazaret a Betlemme per il censimento. Maria e Giuseppe sono costretti ad andare nella città del re Davide, dove era nato anche Giuseppe. Il Messia tanto atteso, il Figlio del Dio altissimo, si lascia censire, cioè contare e registrare, come un qualunque cittadino. Si sottomette al decreto di un imperatore, Cesare Augusto, che pensa di essere il padrone di tutta la terra.
Luca colloca la nascita di Gesù in «un tempo esattamente databile» e in «un ambiente geografico esattamente indicato», così che «l’universale e il concreto si toccano a vicenda» (Benedetto XVI, L’infanzia di Gesù, 2012, 77). Dio che viene nella storia non scardina le strutture del mondo, ma vuole illuminarle e ricrearle dal di dentro.
Betlemme significa «casa del pane». Lì si compiono per Maria i giorni del parto e lì nasce Gesù, pane disceso dal cielo per saziare la fame del mondo (cfr Gv 6,51). L’angelo Gabriele aveva annunciato la nascita del Re messianico nel segno della grandezza: «Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine» (Lc 1,32-33).
Tuttavia, Gesù nasce in un modo del tutto inedito per un re. Infatti, «mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio» (Lc 2,6-7). Il Figlio di Dio non nasce in un palazzo reale, ma nel retro di una casa, nello spazio dove stanno gli animali.
Luca ci mostra così che Dio non viene nel mondo con proclami altisonanti, non si manifesta nel clamore, ma inizia il suo viaggio nell’umiltà. E chi sono i primi testimoni di questo avvenimento? Sono alcuni pastori: uomini con poca cultura, maleodoranti a causa del contatto costante con gli animali, vivono ai margini della società. Eppure essi praticano il mestiere con cui Dio stesso si fa conoscere al suo popolo (cfr Gen 48,15; 49,24; Sal 23,1; 80,2; Is 40,11). Dio li sceglie come destinatari della più bella notizia mai risuonata nella storia: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (Lc 2,10-12).
Il luogo dove andare per incontrare il Messia è una mangiatoia. Accade infatti che, dopo tanta attesa, «per il Salvatore del mondo, per Colui in vista del quale tutte le cose sono state create (cfr Col 1,16), non c’è posto» (Benedetto XVI, L’infanzia di Gesù, 2012, 80). I pastori apprendono così che in un luogo umilissimo, riservato agli animali, nasce il Messia tanto atteso e nasce per loro, per essere il loro Salvatore, il loro Pastore. Una notizia che apre i loro cuori alla meraviglia, alla lode e all’annuncio gioioso. «A differenza di tanta gente intenta a fare mille altre cose, i pastori diventano i primi testimoni dell’essenziale, cioè della salvezza che viene donata. Sono i più umili e i più poveri che sanno accogliere l’avvenimento dell’Incarnazione» (Lett. ap. Admirabile signum, 5).
Fratelli e sorelle, chiediamo anche noi la grazia di essere, come i pastori, capaci di stupore e di lode dinanzi a Dio, e capaci di custodire ciò che Lui ci ha affidato: i talenti, i carismi, la nostra vocazione e le persone che ci mette accanto. Chiediamo al Signore di saper scorgere nella debolezza la forza straordinaria del Dio Bambino, che viene per rinnovare il mondo e trasformare la nostra vita col suo disegno pieno di speranza per l’umanità intera.