6. L’unzione post-battesimale

Oggi parleremo dell’unzione post-battesimale, quindi abbiamo concluso il discorso su quelli che sono i riti pre-battesimali e da oggi passiamo invece a quelli post-battesimali.

Qualcuno potrebbe dire: ma perché non parliamo proprio del rito dell’aspersione – o immersione – cioè il rito proprio del battesimo? Di fatto, noi, attraverso tutti questi riti, stiamo illuminando il centro del sacramento che è appunto il rito dell’immersione o, ripetiamo, infusione – e non la focalizziamo- perché abbiamo già parlato abbondantemente di questo senso del rapporto con l’acqua quando abbiamo affrontato il tema della benedizione dell’acqua, l’invocazione sull’acqua che ci metteva di fronte al senso vero e proprio del battesimo.

Allora a questo punto noi vediamo che, preparati con tutti i riti che abbiamo affrontato negli altri incontri, e arrivati al rito dell’infusione, normalmente, o quando è possibile dell’immersione, sepolti con Cristo nella morte e con lui risorti in questo rito battesimale, noi vediamo, attraverso i riti post-battesimali, gli effetti del sacramento. In effetti, appunto, questi riti che verranno adesso sono chiamati anche riti esplicativi, cioè riti che consentono di capire, approfondire quanto celebrato.

Il primo rito che dovremo affrontare è il rito dell’unzione con il sacro crisma.

Ovverosia, nel caso del battesimo dei bambini, questi vengono, subito dopo l’infusione o l’immersione, unti con lo stesso olio della confermazione, l’olio del crisma, l’olio della cresima, come comunemente viene chiamata. Dobbiamo capire la differenza di queste due unzioni e dobbiamo capire che senso ha questo rito in questo momento. È comunque tradizione, non proprio del primo istante, della primissima tradizione della Chiesa, ma è nella Chiesa latino-occidentale che compare molto presto questa unzione post-battesimale. In realtà le piccole differenze fra i riti nelle varie comunità ecclesiali, nel mondo cristiano, creano un pochino un nugolo di varianti. Quello che si va stabilendo è che nella Chiesa orientale com’è oggi, c’è una netta separazione tra l’unzione con il crisma, che appartiene solamente alla cresima, e il battesimo, mentre noi, nella Chiesa occidentale, avendo separato nettamente il battesimo dei bambini dal rito della cresima, conserviamo questa antichissima tradizione che abbiamo attestata in Tertulliano, nella Traditio apostolica di S. Ippolito, cioè tanti testi che sono proprio della fase primitiva della Chiesa che è questa unzione crismale, ma fatta subito dopo il battesimo. Bene, dobbiamo entrare un pochino nel senso di questa specifica unzione che è uno dei riti più chiari per capire cosa il battesimo produce nella vita di un uomo, di una donna.

Riprendiamo proprio dal senso dell’unzione post-battesimale facendo però un piccolo passo indietro. All’inizio accennavamo ad un altro passaggio del rito del battesimo: l’unzione pre-battesimale della quale abbiamo già ampiamente parlato. Esiste un legame tra queste due unzioni o sono due momenti che non sono collegati tra loro?

L’unzione pre-battesimale è sul torace perché deve esprimere il senso del combattimento. Era ed è l’olio dei catecumeni e indica quel tempo in cui la persona combatte per arrivare alla liberazione, per arrivare alla completa redenzione attraverso il battesimo, che viene celebrata nel battesimo. Invece qui siamo a tutto un altro senso. Il senso qui è di consacrazione. Tertulliano appunto dice, per esempio, che questa unzione è fatta sulla carne perché l’anima sia consacrata. Per questo è sul capo anticamente, a differenza dell’unzione crismale che, anticamente, e tutt’oggi, è sulla fronte e con il segno della croce. Bisognerebbe parlare del sacramento della confermazione, ma non è qui il caso; solamente accenniamo al fatto che lì si parla del sigillo sacramentale: «ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono». Questa è la formula proprio centrale del sacramento della confermazione. Qui invece noi abbiamo a che fare con una consacrazione che ha un simbolismo fortissimo sotto il punto di vista biblico. Leggiamo la formula che il sacerdote dovrà dire mentre si accinge a ungere il bambino dopo il battesimo: «Dio onnipotente, Padre del nostro Signore Gesù Cristo ti ha liberato dal peccato e ti ha fatto rinascere dall’acqua e dallo Spirito Santo unendoti al suo popolo. Egli stesso ti consacra -fino ad adesso ha detto quello che è successo, ora dice quello che sta per succedere- egli stesso ti consacra con il crisma della salvezza perché inserito in Cristo sacerdote, re e profeta tu sia sempre membro del suo corpo per la vita eterna». Questo è il formulario del sacramento che esprime splendidamente, appunto, il senso di questa crismazione, di questa unzione.

Dobbiamo ricordare che l’olio è usato nella chiesa con tre sensi: c’è l’olio degli infermi che riprende l’antico senso di unguento, di cura, di medicamento; l’olio dei catecumeni, quello dell’unzione pre-battesimale che riprende il senso di lubrificante, atto a far sfuggire la presa dell’avversario; e finalmente l’olio del crisma, usato nel sacramento della confermazione e nell’unzione post-battesimale, questa di cui stiamo parlando, che ha il senso di profumo, ha il senso di cosmetico. Qui si parla di una realtà di bellezza. Viene consegnata attraverso l’olio, che è profumato. Ci sono indicazioni chiare nell’Antico Testamento riguardo all’olio dell’unzione del sommo sacerdote, l’olio che serve appunto a consacrarlo. Dobbiamo considerare che la parola “Cristo” viene dal verbo ungere, in greco ed è collegato al senso della parola “messia”, in ebraico che vuol dire proprio “unto”. Il consacrato era uno su cui si versava olio e il senso era di essere inondato di profumo. In sé Cristo vuol dire “il profumato”. I cristiani sono “i profumati”. In questo momento noi profumiamo il bambino. Diamo questo olio che ha il senso di esprimere l’essenza; è interessante questa parola. “Essenza” esprime la parte interiore, ma esprime anche la parte percepibile da parte degli altri. Le essenze sono i profumi. Questo olio che viene preparato con tutta una serie di piante, resine che producono un particolare, meraviglioso profumo funge appunto per dare questo senso della realtà interiore che all’esterno viene percepita: l’essenza appunto, il profumo. Il profumo, che richiama il senso dell’olfatto, che è questa percezione di molecole di una realtà e che arrivano e vengono catturate da quello che è l’apparato olfattivo, sono parti dell’altro volatili che stanno nell’aria e che mi fanno capire chi è. Il profumo e il cattivo odore parlano dell’altro a distanza, fanno capire l’altro chi è, la cosa che cos’è. Il profumo indica questo mondo del fragrante o della rancido, cioè della vita o della morte. Il bambino viene unto perché profumi di vita e questo era, nell’Antico Testamento, il rito della consacrazione dei sacerdoti e dei re.

Come abbiamo spiegato nell’Antico Testamento venivano unti re e sacerdoti. Qual è il legame di queste immagini con il bambino che viene unto durante il rito del battesimo?

Questa immagine va anche un pochino riportata alla fisicità dell’atto. Quando venivano unti i sacerdoti come vediamo nel libro dell’Esodo e del Levitico a riguardo di Aronne, il primo sommo sacerdote, o come vediamo per esempio nel caso dei re, nel caso di Samuele, che unge Davide nella casa di suo padre Iesse, ecco, noi vediamo che vengono unti con un corno pieno d’olio, cioè non è che venivano unti così, con una goccia, venivano proprio invasi, inondati di olio che veniva versato sul capo così che tutta la persona veniva come vestita d’olio e a quel punto era profumatissima e la persona era come cambiata, come stavamo già dicendo prima, nella sua essenza; e un sacerdote era atto a rappresentare il popolo nel culto e ad aprire le strade del culto nel rapporto con Dio, poteva entrare nei luoghi santi; addirittura il sommo sacerdote era l’unico che poteva entrare nel Santo dei Santi, il cuore del tempio, luogo dell’incontro del segreto di Dio. Allora fra i molti sensi importanti del sacerdozio c’era preminente questo essere “pontefice”, questo essere “ponte” fra il popolo e Dio, fra gli uomini e Dio e poter essere colui che faceva proprio da legame fra Dio e gli uomini. Questo uomo doveva essere un uomo, ma doveva avere una potenza dall’alto, la sua umanità doveva essere rivestita di questo olio che rappresentava la consacrazione, l’essere sacro, l’essere votato, legato, destinato a questo compito, il compito che riguardava il rapporto con Dio, la preghiera, il sacrificio.

Nello stesso tempo anche i re vengono unti con questo stesso unguento, che era un po’ diverso, non ne sappiamo veramente la composizione per quanto riguarda poi la tradizione e l’evoluzione storica, ma il senso è sempre questa consacrazione. Chi è il re? Non è un re qualsiasi, ma è il re del popolo santo, il re del popolo eletto. Dovrà governare questo popolo in nome di Dio. È Dio il vero re. È Dio che veramente governa il suo popolo, è lui la sua guida. E allora il re dovrà esercitare questo compito in nome di Dio e allora deve essere rivestito di potenza dall’alto.

Nello stesso tempo non è completa la trattazione dell’unzione se non parliamo dell’unzione profetica, la quale non è un’unzione fisica. Nell’Antico Testamento non assistiamo a nessuna unzione di profeti, però c’è qualche riferimento indiretto, ma non concreto e abbiamo un celeberrimo testo di Isaia che Cristo cita e commenta nel Vangelo di Luca al capitolo quarto, quando lui entra nella sinagoga e prende un rotolo del libro del profeta Isaia e lo commenta. E’ il capitolo 61 che parla di questo profeta che dice: il Signore mi ha unto, mi ha consacrato con l’unzione perché io possa svolgere la mia missione. Allora è un’unzione simbolica. Quello che però alla fin fine troviamo è che la funzione del sacerdote, la funzione del re e la funzione del profeta sono legate direttamente o indirettamente a questo rito dell’unzione. In effetti il profeta viene rivestito di Spirito Santo, riceve l’essenza di Dio, riceve in sè lo spirito profetico e può esercitare il suo ministero profetico sulla base di questa investitura, di questa unzione. Per questo noi vediamo che in realtà tutte queste unzioni che vengono determinate dal verbo che sta alla radice della parola “messia”, tutte quante convogliano proprio nella figura di Gesù di Nazaret, il quale è “l’unto”. La sua primaria unzione, la sua funzione messianica è regale, ma è indubitabilmente profetica nel suo ministero pubblico e, come splendidamente la Lettera agli Ebrei presenta, è sacerdotale sulla croce perché lui svolge, attua il sacrificio più alto, il sacrificio pieno e perfetto. Allora il problema è che questa unzione porta questo significato regale, sacerdotale, profetico e allora capiamo che mentre stiamo ungendo un nuovo cristiano che è arrivato nel popolo di Dio gli stiamo conferendo queste caratteristiche.

Cosa vuol dire concretamente che ad un bambino vengono in qualche modo date le caratteristiche di re, sacerdote e profeta?

Prima di rispondere a questa domanda che è un po’ il cuore di questo nostro incontro, dobbiamo ricordarci la differenza con la santa cresima. Quando si riceve la confermazione l’indicazione fondamentale è biunivoca: si parla del sigillo dello Spirito Santo come qualcosa di profondo, di ontologico che si dà all’uomo, ma l’indicazione è molto verso la missione. Si dice, con sintesi elementare, ma sana, che il battesimo dà l’essere e la cresima dà l’agire, cioè la cresima è tutta orientata alla missione, all’opera che un cristiano dovrà compiere. È chiaro che queste cose sono difficilmente scindibili, ma questa unzione che comunque è dello stesso olio, è del crisma, viene più illuminata, attraverso la formula che rileggo: «egli stesso ti consacra con il crisma della salvezza perché inserito in Cristo sacerdote, re e profeta tu sia sempre parte del suo corpo per la vita eterna», ovverosia qui si parla di chi sei tu, al bambino. Guarda che tu devi sapere chi sei, certamente questo indica cosa farai, ma è importante capire che attraverso il battesimo – è questo il primo rito esplicativo, ripeto – abbiamo conferito a questo bimbo un destino, perché gli abbiamo conferito un’identità. Questo bimbo sarà un sacerdote, un re e un profeta. Ogni cristiano molto spesso dimentica questa sua dimensione. Ognuno di noi che è battezzato è un sacerdote, è un re ed è un profeta. Il carattere battesimale, la realtà più profonda che Dio ci ha donato per essere suoi figli, si esplica in questa attività, ciò che abbiamo visto pienamente in Cristo. Che cosa abbiamo visto pienamente in Cristo? Il fatto di essere sacerdoti. Io dico sempre ai genitori: dovrete insegnare a questo bimbo, a questa bimba che è un sacerdote, che è una sacerdotessa. Che vuol dire? Che ha un compito: dovrà imparare l’arte, sviluppare l’arte di saper parlare con Dio, di avere intimità con Dio e di saper pregare. È il ministero della preghiera, è partecipare appunto a questa vocazione sacerdotale. Cristo è stato il tramite fra Dio e gli uomini e i cristiani continuano questa missione. Io voglio incontrare Dio. Cosa devo fare? Incontro un cristiano. E lui che è il mio sacerdote, è il mio mediatore mi farà incontrare il Signore Gesù Cristo, mi farà incontrare il Padre. Quando Saulo si vede buttato a terra, si sente dire dalla voce sulla via di Damasco: «Saulo, Saulo perché mi perseguiti», ma Saulo non ha mai toccato Gesù di Nazaret. Lui risponde: «Chi sei Oh Signore? Io sono Gesù», risponde la voce, «che tu perseguiti». Ma Saulo non ha toccato nient’altro che i cristiani. Toccare i cristiani è toccare Cristo. Allora un sacerdote era colui che metteva in comunicazione il popolo con Dio e Dio con il popolo. Un cristiano ha questo ruolo qui. Sviluppa questa missione: saper parlare di Dio, saper parlare a Dio degli uomini, avere lo splendido, consolante, meraviglioso, fortissimo dono della preghiera, saper pregare, sapersi rivolgere a Dio, saper intercedere, conoscerne l’intimità, saper entrare nel Santo dei Santi del rapporto con lui. E ogni cristiano è chiamato a vivere questa dimensione.

E ancora a questo bimbo stiamo dicendo che deve imparare a ragionare da re, deve imparare a ragionare da principe. Noi ragioniamo da schiavi, ragioniamo da sguatteri, ragioniamo da gente subordinata, mentre il Signore Gesù Cristo ci ha dato uno Spirito non di schiavi, ma di figli del re dei re. Cosa vuol dire essere re? Vuol dire avere vinto un’opposizione interiore, essere nella condizione di dominio della propria realtà, non essere schiavi non essere i marinai della propria barca, ma i capitani della propria avventura. Navigare nella vita avendo il timone del proprio essere, essendo capaci di governare le proprie passioni, non essendo in balia degli impulsi. Come Cristo si è manifestato re? Sulla croce. Lì è stato incoronato re. È interessante che, addirittura, in alcune chiese orientali, nei primi secoli, veniva incoronato il battezzato, invece a Roma, nel quinto secolo, veniva coperto di un velo a segno che era un sacerdote, che portava il velo della consacrazione e della preghiera. Ecco, incoronato o velato come sacerdote o come re questo bimbo dovrà scoprire che è un principe, questa bimba dovrà scoprire che è una principessa che non deve stare nella vita come una schiava e che il vero combattimento non è mai fuori di sé, ma è dentro di sé. Gli altri ci possono trattare da schiavi, ma il punto è quando noi ci comportiamo da schiavi. Cristo è re ed è libero ed è pure un carcerato, ma è un carcerato libero. C’è chi è libero, ma è un carcerato dovunque sta. Vivere con questa unzione vuol dire sapere una cosa di Dio che mi fa re, sapere una cosa di Dio che mi fa sacerdote. Lo conosco, so parlare con lui. Lo conosco, so vincere le mie passioni perché so che non devo temere le altre potestà. Quante schiavitù la vita ci offre per essere l’ombra di noi stessi, per essere la brutta copia di noi stessi. Siamo chiamati a vita principesca.

E da ultimo siamo chiamati a vita profetica. Un profeta sapeva parlare a nome di Dio e sapeva cogliere il segreto della storia. Avere quest’unzione profetica vuol dire esser chiamati a saper dire la verità, a saper cogliere la verità delle cose. Un profeta non è un indovino, uno che ti dice che tra mezz’ora ci sarà un incidente non so dove o uno che ti dice che fra tre anni troverai l’anima gemella, queste sono bazzecole da quattro soldi e trappole per gonzi, oroscopi e stupidaggini varie. Un profeta è uno che sa cogliere la verità della realtà, sa cogliere il piano nascosto di Dio nelle cose. È uno che impara che tutto è provvidenza, è uno che sa cogliere la grazia nascosta nelle cose anche più difficili, sa vedere il bene, sa riconoscere il male, sa distinguere le trappole dalle occasioni, sa distinguere la volontà di Dio e la sa anche indicare. È un’unzione che fa vivere da sapienti, da saggi in maniera tale che si abbia un’attitudine rispetto alla vita per cui io so che la mia vita è sempre e comunque cosa buona e so riconoscere la santa volontà di Dio.

In pratica, il primo rito post-battesimale investe questo bimbo, questa bimba di una dignità straordinaria, la dignità di chi sa parlare con Dio, di chi sa vivere in maniera veramente libera, con grande autonomia rispetto agli idoli di questo mondo e di chi sa cogliere la verità nelle cose, di chi sa cogliere il senso delle cose, di chi sa accogliere la saggezza stessa di Dio.

Don Fabio Rosini

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