Ringraziamo il Signore per questa esperienza della missione. Per tutti i fratelli e le sorelle che ha voluto farci incontrare. Per la nostalgia di cose belle e sante che già si trova nel cuore di ogni sua creatura e che Lui ha seminato prima di noi. Per ogni seme che è arrivato ed è stato accolto. Per la spinta che ci dà a noi che abbiamo la grazia di conoscere il suo amore. Per le cose belle che abbiamo visto e per quelle che solo Lui conosce. Per ogni porta che si è aperta. Per ogni persona che ci aspettava e per ogni persona che, per motivi che solo Dio conosce, non ha voluto fermarsi.
Un grazie a ciascuna e a ciascuno di voi che vi siete resi disponibili ad andare verso gli altri. Ogni passo verso qualcuno è benedetto.
Ogni passo verso qualcuno è pieno di speranza.
Grazie perché avete accettato di non tenere imprigionato il vangelo. Grazie perché avete accettato la sfida di offrire il meglio che possedete. Grazie perché vi siete caricati della fatica, delle lacrime e delle sofferenze che abitano nel cuore di altri fratelli. Grazie perché vi siete resi disponibili ad ascoltare e a farvi carico del peso che portano altri. Grazie perché avete vinto la paura di essere rifiutati e avete ritenuto più grande il dono di incontrare qualcuno.
Noi non vogliamo fare la missione per riempire la chiesa o per crescere di numero o per paura che aumenti la secolarizzazione…
Non vogliamo andare in missione per invitare a un appuntamento in parrocchia perché siamo certi che andando incontro a qualcuno sicuramente stiamo arrivando a un appuntamento che Dio ha fissato per noi.
Non facciamo la missione perché ci crediamo giusti e pensiamo che gli altri siano sbagliati e persi. Non vogliamo andare in missione perché dobbiamo convertire chissà chi…
Vogliamo andare verso gli altri perché il Risorto ce lo chiede come suo desiderio prima di salire al cielo.
Perché ci sta a cuore non solo la nostra pace, ma anche quella di tutti.
Perché anche noi siamo stati cercati come un tesoro dal valore inestimabile e vogliamo metterci a cercare perle di grande valore.
Vogliamo semplicemente seminare piuttosto che maledire la terra che non è più fertile.
È uno stile che vogliamo cucirci addosso.
Vogliamo farci compagni di viaggio dei fratelli a noi vicini e contemporanei.
Vogliamo uscire perché come dice la sapienza evangelica è solo donando che si riceve; è solo prendendo a cuore la vita degli altri che salviamo la nostra; è solo offrendo che si diventa ricchi.
Grazie di cuore a tutti
I padri e le suore

ANDARE PER DAVVERO INCONTRO AGLI ALTRI

Per me è stata la prima volta e ringrazio il Signore e voi per aver vissuto questa bellissima esperienza che mi ha permesso di andare concretamente incontro ai fratelli. Senza di voi e la comunità mi sentirei persa…. Grazie

Rosemary

L’ALTRO: TERRENO SACRO

Ringrazio il Signore per questa terza esperienza di missione perché è sempre preziosa e nuova! Al di là di quello che è stato seminato, che rimane sempre nel cuore di Dio, uscire in missione è un’esperienza che prima di tutto serve a me e mi mette alla prova andando oltre me stessa, i miei limiti e mi costringe ad immedesimarmi in chi ho di fronte…l’altro…un terreno sacro sul quale percepisco che devo entrare in punta di piedi, senza essere invadente, senza pretendere nulla, senza portare me stessa, usando delicatezza e tenerezza insieme all’ascolto e ad un sorriso che possa trasmettere speranza! È stato un bell’allenamento seppur di breve durata di cui dovrei fare memoria anche nella vita di tutti i giorni…a casa, con i figli, a lavoro e dovunque il Signore mi chiama. Grazie a voi padri e suore per l’opportunità che ci avete dato e grazie a voi tutti fratelli e sorelle che siete segno della premura e della tenerezza di Dio!

Benedetta

CERCATA MENTRE VADO INCONTRO A QUALCUNO

Lode a Dio per essersi fatto prossimo a me attraverso i volti dei fratelli incontrati in questa esperienza.
Grazie a tutti ed a ciascuno

Eleonora

GRAZIE

Ringrazio il Signore e voi padri e suore, per me è stata la prima volta. Grazie per la Luce ricevuta in questa nuova e ricca esperienza.
Maria Antonietta

STUPITI DI ESSERE RAGGIUNTI

Andare in missione. Essere chiamati, scelti da qualcuno, andare verso qualcuno. Annunciare tutto quello che ho ricevuto. Testimoniare la bellezza senza tempo e senza confini.
Con questi imprimatur nel cuore, nella mente e nell’anima, sono ritornato dopo qualche tempo all’università per portare un messaggio di speranza a tanti fratelli e sorelle che il Signore ha voluto che incontrassi sul cammino della mia vita.
Tanta e stata l’emozione e la gioia di farsi prossimo così come il buon Dio lo si è fatto per me, parlare con tanti ragazzi di diverse parti del mondo, di diverse culture, di diversi credi.
Nonostante ciò, le varie “diversità” non mi hanno precluso di incontrarli e/o di ascoltarli, di parlare di varie cose della vita, del loro percorso di studi e soprattutto del loro vivere lontani da casa, anzi le molte differenze sono state una Grazia immensa che il Signore mi ha voluto regalare perché ho scorto nei loro occhi un grande stupore, erano contenti della mia/nostra visita, quasi non riuscivano a capire il senso di essere lì di fronte a loro. Così nella gioia ci siamo salutati.
Durante il momento di adorazione in cappella ho ripercorso la breve ma intensa esperienza ed ho ringraziato Dio per quanto ricevuto, perché attraverso di me il Signore ha incontrato questi giovani e spero dal profondo del mio cuore di aver regalato loro un attimo di felicità.
Grazie ai Padri, alle Suore e a tutti. Vi voglio bene.

Pino

NELLO SPEZZARE IL PANE…

Per me questa è stata la seconda partecipazione, dopo quella dello scorso anno. Rispetto alla precedente ha assunto un significato differente, dovuto ad una riflessione scaturita in seguito ad un brano del Vangelo ascoltato durante la Via Lucis, quello dei discepoli di Emmaus. Mi ha colpito il passaggio in cui i due discepoli riconoscono Gesù dallo spezzare il pane. Se la memoria non mi inganna, il verbo greco significa anche frazionare, dividere per dare ad altri una parte di ciò che si divide.
Quindi quelle due persone hanno riconosciuto il Signore non da come ha spiegato loro le Scritture, ma da come ha offerto loro del pane e, soprattutto non ha detto loro chi fosse, sono i discepoli ad avere riconosciuto Lui attraverso il Suo gesto.
Alla luce di ciò ho pensato che gli altri possono riconoscere in me un cristiano dal modo in cui so condividere qualcosa, anche semplicemente del tempo, un po’ di attenzione, un sorriso.
Andare in missione mi ha permesso di entrare in contatto con realtà molto diverse da quelle cui sono abituato quotidianamente, osservare giovani che vivono lontani dai loro affetti, con la speranza di un futuro migliore.
Solo in queste circostanze posso accorgermi della fortuna che ho e che molte volte non so apprezzare. Di come dia per scontate ed acquisite molte cose a cui attribuisco scarsa rilevanza, mentre in realtà sono tutt’altro che la normalità e c’è chi deve combattere duramente per sperare di ottenerle.
Per la verità avevo un po’ l’amaro in bocca, perché mi sarebbe piaciuto poter dedicare un po’ più di tempo a quest’attività, ma impegni lavorativi me lo hanno impedito.
Leggendo i commenti di chi mi ha preceduto ho compreso che in realtà le missioni non sono terminate, ma sono chiamato ad essere missionario ogni giorno, in famiglia, con gli amici, sul posto di lavoro, al supermercato, ecc.

Luigi

IN PUNTA DI PIEDI

Per me è stata la prima esperienza di missione, io per la maggiore ho ascoltato chi avevo affianco… nell’ approccio con i giovani, ed ho esitato a parlare perché mi sentivo inesperta, ho ammirato tanto chi era in coppia con me.
Ad oggi ho compreso con questa esperienza che a volte occorre entrare in punta di piedi in alcune situazioni, in alcuni discorsi e devo imparare a farlo nella mia vita di tutti i giorni “girarci largo” non irrompendo con quasi prepotenza cercando di imporre a tutti i costi il mio punto di vista, la mia idea, la mia religione.
Ho compreso in questi giorni che devo seminare in silenzio, con dolcezza e aspettare che se il seme è caduto nella buona terra porterà frutto e questo dipende dal contadino per come se ne prenderà cura del seme e dello sviluppo della crescita della pianta.
È vero ciò che ha detto Padre Emanuele che sarebbe servita più a noi questa esperienza.
L’ascolto per questi giovani è fondamentalmente, parlo per esperienza diretta: sono spesso fragili, smarriti a volte davvero persi dal senso vero della vita, felicità apparente camuffata da un voto alto ad ogni esame, ma la verità che hanno dentro è davvero distante dalla gioia vera.
Lo Spirito Santo vegli su tutti noi e ci accompagni e ci indichi la strada verso la felicità del cuore e dell’anima.

Concetta

QUANDO I NOMI SI ATTACCANO AL CUORE

Anche a me questa seconda missione ha portato tanta gioia nel cuore, perché quando si crede di poter dare qualcosa a qualcuno è proprio in quel momento che si riceve molto di più.
Prima di iniziare ho chiesto allo Spirito Santo il dono della delicatezza per non risultare in alcun modo invadente. Per tutta la settimana ho avuto come compagna di viaggio la dolcissima Suor Ana. Io ho approcciato inizialmente i ragazzi e le ragazze che incontravamo sul cammino e mi relazionavo con loro, ma lei, con poche frasi, risultava sempre molto incisiva.
Antonio, Francesco, Giuseppe, Albert, Mirco mi sono rimasti nel cuore. Sono la testimonianza che, spesso, coloro i quali si professano atei, risultano, con il loro comportamento, molto più cristiani di chi, invece si ritiene tale. Purtroppo i ragazzi, oggi, sono molto confusi e soli…noi adulti dovremmo interrogarci sul ruolo che abbiamo avuto nella loro crescita.
Chiediamo al Signore che li aiuti e li sostenga, e che dia a noi adulti il tempo per ascoltarli.

Maria

IL SIGNORE COMPLETERÀ PER ME L’OPERA SUA

Accostarsi al cuore di una persona è azione assai delicata e allo stesso tempo eroica. In questi giorni di missione qui all’UNICAL di Rende ci siamo ripetuti più volte che il nostro obiettivo era semplicemente avvicinare i ragazzi e far sentire loro anche solo il calore di un sorriso, a ricordargli che non sono soli ma figli amati.
Non potevamo di certo pensare di trovare sempre l’accoglienza e la disponibilità, ma anche se per la maggior parte delle volte questa è stata la sorprendente realtà di questi splendidi ragazzi, la missione più bella e, ripeto a dire eroica, è stata quella che è accaduta nei cuori di ciascuno di noi che eravamo i “missionari”. Spingerci e vincere la timidezza e il timore iniziali è stata giorno dopo giorno una scuola sull’esempio degli apostoli che Gesù stesso aveva inviato in missione. Ci vuole coraggio, senza presunzione per andare e donare un saluto, pronti a tutto. Anche la liturgia Eucaristica sembrava scelta appositamente per noi, e ogni giorno è stata la molla che ci spingeva a partire. Ho avuto la gioia e il piacere di essere presente alla missione per tutto il tempo della settimana sia la mattina che il pomeriggio e questo mi ha dato l’occasione di mettermi in gioco a volte mettendo da parte la stanchezza. Ma ne è valsa assolutamente la pena.
Questo è quello che ho vissuto io in questa mia prima esperienza di missione. Al di là di ogni timore e perplessità il Signore mi ha stupito, come al solito solo Lui sa fare.
È vero che oggi non siamo abituati ad offrire il calore all’altro, ma piuttosto preferiamo la freddezza dell’individualismo, ma bisogna crederci fino in fondo e questa esperienza mi ha insegnato che è possibile. Tutto ha il suo prezzo, ma quando c’è passione questo va in secondo piano.
Torno a casa con molta gratitudine, per tutti i i cuori che ho incontrato anche solo con uno sguardo o un sorriso. Ogni parola e ogni dialogo li porto davanti a Gesù, che conosce in profondità le esigenze di ciascuno, Lui infatti arriva dove noi non siamo arrivati e questo mi dà serenità.
Dovrebbe diventare uno stile di vita, è vero! Lo auguro a tutti dal profondo del cuore, perché una settimana l’anno è veramente poco.
Grazie a tutti, alle mie Consorelle, ai Padri

Sr Ludovica

LE RICCHEZZE CHE SI TROVANO FUORI…

In questi giorni, ripetevo continuamente, come un mantra nella mia mente, questa preghiera: “Signore, apri la mia mente, apri la mia bocca, apri il mio cuore “
…Tu mi hai ascoltata.
Signore Padre Santo, Ti ringrazio per avermi fatto “uscire” dal mio sepolcro… Ti ringrazio per aver rotolato via la pietra e fatto entrare di nuovo la luce nel “mio buio”…
Ti ringrazio per avermi presa per mano e “spinta” (nel vero senso della parola!) ad andare incontro alle sorelle ed ai fratelli che in questi giorni hai posto sulla mia strada, grazie per non avermi fatto sentire la fatica e lo scoraggiamento… Perché ogni porta che si apriva ed ogni sorriso che ricevevo in cambio erano per me un regalo, una “medicina” per il cuore… Vedere ragazzi/e di altre religioni che ci dicevano: “Grazie per ciò che fate..!” che ci abbracciavano… e che parlando con noi avevano gli occhi lucidi, per me è stato un dono che Tu hai voluto farmi… Per “Ricordarmi” che io ci sono per Te… E che Tu ci sei per me.
Un grazie particolare anche a sr Ancy, sr Anamali a sr Ludovica alle “nostre” care sorelle Dorotee dei Sacri cuori ed ai padri.

Paola C.

APPOGGIATA SU CIO’ CHE HO RICEVUTO

Per me è stata la seconda esperienza di missione.
È stato un momento bello che ho vissuto con un po’ di timidezza iniziale, nell’approcciarmi agli studenti, ma con tanto, tanto senso di gratitudine verso Dio. Mi sono sentita chiamata a dare il mio piccolo e povero contributo alla missione perché, da studentessa, io in quella cappella ho trovato un “porto sicuro” e da lì a piccoli passi è iniziato il mio cammino di fede.
In molti ragazzi ho rivisto me stessa da ragazza e, a chi me ne ha dato la possibilità, ho portato la mia esperienza raccontando di come mi sono affacciata alla cappella solo perché dovevo aspettare che aprisse la biblioteca per andare a studiare. Mattina dopo mattina, poi, ho cominciato a sentire l’esigenza di fermarmi… Tra quelle mura ho trovato ascolto, affetto, consolazione e amicizie ma soprattutto, proprio lì ho scoperto un Amore più grande, che mi accompagna sempre e proprio in nome di quell’Amore stavo facendo la missione.
Con la mia “compagna di missione” abbiamo incontrato ragazzi che ci hanno trattate tutti con educazione.
Alcuni non alzavano lo sguardo, molti correvano, in tanti si sono fermati ad ascoltare, ma pochi sono sembrati veramente interessati. Quello che abbiamo notato è in gruppo si lasciano molto condizionare.
Ho concluso la mia giornata di missione serena, consapevole di aver buttato un piccolo seme. Che fine farà non lo saprò mai, ma sono stata felice di aver fatto la mia parte.
La missione è stato un bene anche per me: è utile fare memoria ed è stato bello mettermi in gioco, insieme ai fratelli, tutto per amore del Signore!
Grazie p. Emanuele per la tua intuizione e il tuo desiderio di arrivare ai giovani, grazie a voi padri e suore e a tutti i missionari.
Continuo a pregare per tutti coloro che abbiamo e avete incontrato.
Grazie a tutti.

Vanessa

RIVEDERMI IN LORO

Come tanti han già detto, anch’io mi sono affacciato… a questa missione, la mia prima, con grande timidezza ma è bastato cominciare a camminare sul ponte e rivivere quegli attimi di dejavú per entrare in sintonia con i ragazzi. Non è stato facile farli aprire, ma in punta di piedi e portando e raccontando la mia esperienza di studente sono riuscito, seppur per poco tempo, a rubargli un po’ di tempo e lasciar loro quanto meno un tempo di sana riflessione. Quello che emerge, e che p. Emanuele dice spesso, è quanto questi ragazzi siano soli e ripiegati su se stessi, troppo legati alla società odierna e al tran tran quotidiano. Molti, la maggioranza di quelli incontrati sul ponte, sempre di corsa, non sapevano nemmeno dell’esistenza della cappella e della parrocchia. Ringrazio ancora i padri, le suore e il Signore per questa bella esperienza e spero che il buon Dio possa fare breccia nel loro cuore come ha fatto con me in più occasioni.

Antonio

SEI UN FIGLIO AMATO

“Do you speak english?” “ehm veramente not very Well”. Al primo studente straniero incontrato la paura l’ha fatta da padrona, ma è bastato girarmi e guardare il sorriso della compagna di Missione affiancatami quel giorno, per togliere di mezzo l’imbarazzo e capire che non ero sola, perché soli non lo siamo mai!
Ed è questo il verso ripetuto forse ad ogni fratello che abbiamo incontrato e più lo ripetevo loro più me ne convincevo io! Più pronunciavo la frase “siamo qui perché c’è stato dato il compito di ricordare anche a te che sei un figlio amato” più quell’ Amore mi inondava il cuore e ha riempito i giorni che hanno fatto da cornice ad un’esperienza che, come ricorda il nostro padre, deve trasformarsi in uno stile di vita.
Porto con me i tanti grazie ricevuti, gli sguardi sorpresi e nello stesso tempo dolci, di giovani che non hanno mai detto con sgarbo “no, non mi interessa” che non hanno mai chiuso la porta o voltato le spalle! Porto con me le loro vite nelle mie preghiere che si sono rinnovate dopo il loro incontro! Ma porto con me anche le mie fragilità, l’essermi sentiva a volte inadeguata, a volte troppo “chiacchierona”, perché proprio quelle mi hanno ricordato anche questa volta di lasciare fare a Dio!
Ho raccontato la mia storia, di come sono arrivata ad aprire la porta della cappella sul ponte (che allora si trovava in un punto diverso da oggi) e di come mi sia sentita così accolta dal sentirla la mia seconda casa! Non è stata la mia prima esperienza di missione, ma erano passati così tanti dall’ultima che è stato come “concime” per la mia vita. Grazie ai padri, alle suore e agli amici, che hanno condiviso con me (anche se per pochi turni mio malgrado) questo passaggio sul ponte, fra gli alloggi… Grazie Signore per tutto ciò che compi nelle vite di ognuno di noi, grazie a chi era accanto a me ed ha raccontato la sua storia e mi ha arricchito, ma soprattutto grazie ai giovani per l’ascolto ricevuto ed il tempo donatoci.

Gabriella

CHISSA’ QUANTA NOSTALGIA DI DIO PORTANO NEL CUORE

Ho condiviso il mio giorno di missione con suor Ana che insieme alle suore Francescane missionarie si occupa della mensa “Casa nostra” una suora, quindi, che divide pane e vita con chi non ha più nulla. È stata la prima grazia che ho ricevuto. I ragazzi sono stati tutti educati e gentili e hanno accolto volentieri i segnalibri e il nostro approccio. Cosa non mi è chiara è che cosa nasconda la loro gentilezza: stanno o hanno abbandonato comunità o gruppi parrocchiali?
Non hanno mai frequentato nulla e stanno bene così? O ancora la loro indifferenza ha a che fare con il mistero della libertà umana e della gratuità assoluta di ogni scelta di vita?
I ragazzi avevano fretta, spesso ci dimentichiamo i sacrifici che molti di loro sostengono per frequentare e questo mi ha portata a sentire i miei figli fortunati o meglio “sfortunati” come ha ribadito padre Emanuele, perché hanno l’università a pochi passi. I ragazzi che ho incontrato avevano occhi bellissimi. Spero che il Signore non permetta a nessuno di farli scolorire. E spero che un giorno si risvegli in loro la nostalgia per il Signore. Ringrazio la generosa disponibilità dei Padri e delle suore e invio un caloroso abbraccio a voi tutti.

Ivana

VINCENDO LE PAURE

Parto da cosa mi ha spinto a fare questa esperienza: il desiderio di “urlare” e far conoscere quanto di bello ho conosciuto in Cristo e nella comunità senza cui, come ho già detto, mi sentirei persa. La mia “missione” principale era proprio questa: provare a far capire, raccontando la mia esperienza, che non siamo soli e oltre all’Amico per eccellenza ci sono persone disposte ad ascoltarmi e a starmi accanto nei momenti felici e in quelli in cui mi sento sola e scoraggiata. Ho pensato fosse arrivato il momento di provare a superare le mie difficoltà nel farlo perché mi sento molto spesso inappropriata e poco comunicativa e questa cosa l’ho avvertita ancora di più quando abbiamo bussato alla porta di un ragazzo che parlava solo inglese e nell’andarcene ho detto alla mia compagna di missione, che invece se l’è cavata alla grande in questo dialogo in inglese, che mi vergogno a parlare in italiano figuriamoci in inglese.
E’ stata un’esperienza forte durante la quale ho avuto modo di conoscere ragazzi di diversi credo e nazionalità, e ragazzi che invece stanno ancora cercando delle risposte, e ciascuno di loro mi ha lasciato qualcosa. Il mio timore più grande era bussare alla porta ed essere “rifiutati” e invece siamo sempre stati accolti con educazione, anche da chi non aveva tempo o voglia di ascoltarci, e qualcuno ci ha fatto anche entrare. Gli incontri più belli sono stati quelli con i ragazzi stranieri forse perché qui un po’ “straniera” lo sono stata anche io, certo a meno chilometri di distanza da casa rispetto a loro, ma è stato bello vedere come anche se dicevano quanto sia difficile stare lontano da casa hanno trovato persone accoglienti che alleggeriscono un po’ questo distacco; in loro ho rivissuto la mia esperienza dei primi anni qui. La cosa che spero è di aver lasciato loro anche io un po’ di me oltre al desiderio di provare ad avvicinarsi. Grazie ancora per questa possibilità! Vvb.

Rosemary

DISTRATTI COME ME?

Il mio cuore è pieno di emozioni alle quali non avevo ancora dato un nome, poi man mano avete iniziato a condividere la vostra esperienza e vi ho sentiti vicino ed ho messo ordine tra le emozioni del cuore e i pensieri in testa. Mi sono sentita accompagnata dai miei compagni di missione e donato sorrisi.
A distanza di giorni ancora nella testa c’è un pensiero fisso dato dalle parole di Padre Emanuele… non fermarsi ma continuare la missione, farne uno stile di vita.
Quando ho parlato con i ragazzi il primo giorno c’era più difficoltà, il secondo incontro è stato più (facile).
Questo perché man mano che tutti noi andavamo in giro iniziavano a conoscerci e quando li fermavi sapevano già chi eravamo e parlavamo con più disinvoltura da tutte e due le parti.
Il primo giorno mentre camminavamo, guardavo quei ragazzi che sembravano soldati, dritti per la loro strada con lo sguardo basso sul cellulare e cosa che non avevo ancora notato gli auricolari.
Erano lì per strada fisicamente, ma non lo erano né con lo sguardo e neanche con l’udito.
Camminando, saluto alcuni di noi che erano seduti, ancora qualche passo e mi fermo, cerco lo sguardo di quelle persone e mi giro, mi accorgo che sono passata davanti la Cappella ma non me ne ero accorta.
Vedendo quei volti che conoscevo
Vedendoli seduti lì mi sono sentita come se mi avessero toccato la spalla per girarmi e dire Sono Qui.
Non faccio altro che pensare a questo, se mi sono distratta io che ero lì per far conoscere la Cappella come potevano riconoscerla gli altri distratti dal caos della vita?!?
Andare in Missione ed esserci tra le persone, frequentare la Cappella può essere un aiuto reale per chi ne ha davvero bisogno.
Credo molto in quella frase di Padre Emanuele, non so se ne sono capace, se sono la persona giusta ma vorrei davvero continuare nel mio piccolo a diffondere ciò che ci viene insegnato.
Grazie a Tutti Voi. Grazie per Esserci.

Anna

SENZA BORSE, NÉ BISACCE

Grazie a tutti per le vostre esperienze. Racconto la mia. È stato bellissimo camminare in coppia con Suor Ancy. Senza di lei non avrei avuto la forza di andare, né di parlare. Ho indossato subito la croce perché mi sentivo a mani nude, a mani vuote. Ma è stata la presenza di suor Ancy a farmi sentire completamente vestita. Quell’Amore a cui Suor Ancy ha risposto, chiamava anche me. Non so spiegare la mia emozione che è andata al di là degli incontri se pure belli con i giovani: camminavamo con il suo vestito e con la mia croce per amore di Dio e in Suo nome. Davvero grazie.

Tina

UNA GRANDE RICCHEZZA

Ringrazio perché anche quest’anno ho avuto la possibilità di partecipare alla Missione e come sempre è stata una gioia poter incontrare tanti ragazzi e scambiare con loro sorrisi e piccole esperienze.
Con suor Ludovica ci siamo trovate in sintonia e abbiamo ricevuto tanta accoglienza da parte degli studenti.
Non avevo dubbi sulla loro disponibilità a fermarsi un po’ con noi e sono rimasta piacevolmente sorpresa quando tanti, già solo al vedere una suora, salutavano con un “buongiorno”.
Abbiamo incontrato studenti disposti ad ascoltare. Molti conoscono la cappella, altri fanno esperienza di parrocchia nei loro paesi e comunque tutti mi sono sembrati ragazzi che preferiscono vivere tranquillamente la loro routine di studenti pendolari e non, con corsi da seguire ed esami da preparare. Non c’è il rifiuto netto verso alcune realtà, ma nemmeno un grande interesse.
Resta il fatto che andare incontro agli studenti anche solo per fare due chiacchiere è sempre a mio avviso una grande ricchezza che, come dice il nostro parroco, andrebbe fatta molto più spesso, anche sistematicamente.

Susanne

Seguici: