O Signore, Signore nostro,

quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!
Voglio innalzare sopra i cieli la tua magnificenza,
con la bocca di bambini e di lattanti:
hai posto una difesa contro i tuoi avversari,
per ridurre al silenzio nemici e ribelli.
Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissato,
che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi,
il figlio dell’uomo, perché te ne curi?
Davvero l’hai fatto poco meno di un dio,
di gloria e di onore lo hai coronato.
Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi:
tutte le greggi e gli armenti
e anche le bestie della campagna,
gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
ogni essere che percorre le vie dei mari.
O Signore, Signore nostro,

quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!

Salmi 8

DI GLORIA E DI ONORE LO HAI CORONATO

di Don Tonino Bello

Quel tratto della messa è il più suggestivo. Tant’è che anche l’attenzione dei fedeli più distratti s’impenna di colpo. Sembra che il senso ultimo di tutto il rito precipiti lì, in quelle parole con cui il sacerdote, sollevando al cielo calice e ostia, proclama Dio unico destinatario di ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Onore e gloria. Non è il caso di attardarsi sul significato distinto di questa accoppiata di termini che, riferita a Dio, compare tantissime volte nella sacra Scrittura. Sapere che cosa sia l’onore e che cosa sia la gloria nel linguaggio biblico interessa fino a un certo punto. Sottilizzare sulle etimologie può sembrare esercitazione accademica. E addentrarsi nelle analisi verbali può lasciare perfino indifferenti. Ma venire a sapere che quella corona di gloria e onore, costruita esclusivamente per la testa del Creatore, viene collocata anche sul capo
della creatura, provoca sconcerto e riempie l’anima di stupore. Il Sal 8 afferma con esplicita solennità: di
gloria e onore lo hai coronato! Immaginate che durante un solenne pontificale d’altri tempi, in piazza San Pietro, il papa facesse chiamare all’improvviso un barbone, uno dei tanti che la notte dormono sotto il
porticato, e. toltasi la tiara dalla testa, gliela mettesse sul capo davanti agli occhi esterrefatti dei cerimonieri.
Ebbene, Dio fa con ciascuno di noi la stessa cosa. Anzi, mille volte di più. Perché è lui in persona che si toglie dal capo la corona, e la poggia sul capo dell’uomo, e si compiace nel vedere che gli sta bene, e sembra che gli dica con un sorriso: «Lo sai che ti dona. Tienila pure, senza profanarla!». La sua corona sul capo di Riccardo!

A dire il vero, non si fa molta fatica a immaginare Riccardo incoronato dello stesso diadema di Dio. Perché lui è uno dei più grandi direttori d’orchestra del mondo. E quando lo si vede sugli schermi televisivi, nel rapimento trasognato di un concerto, non ci vuole molto a intrecciare col gioco delle dissolvenze una corona
di regalità che gli fermi finalmente i mobilissimi capelli. Anche le genti di tutta la terra, del resto, e non solo i suoi concittadini di Molfetta, gli tributano gloria e onore. Ma figurarsi Alessandro recinto dello stesso diadema di Dio è molto più difficile. Alessandro, si può dire che è sieropositivo per scelta, perché si è degradato da solo, e, quel che è peggio, nell’avvilimento morale ci vuol rimanere. Per procurarsi la roba, dopo che si è venduto i mobili di casa, si è messo a rubare. Sua moglie mi ha detto che l’altra sera l’ha visto rannicchiato sulla panchina della villa comunale, con la siringa che gli era rotolata a terra e con gli occhi sbarrati nel vuoto. Eppure anche lui è titolare di un diritto regale che non può essergli contestato da nessuno. Di gloria e di onore lo hai coronato. A volte, quando leggo questo versetto del salmo, e penso ai bambini denutriti della Somalia,
o ai lebbrosi respinti dal consorzio umano, o ai nomadi resi tali dall’inospitalità della gente, o a quelle donne anziane, sudicie e maleodoranti, che ti russano accanto nella sala d’aspetto delle stazioni ferroviarie, o a coloro che per colpa propria o per cattiveria altrui convivono con lo sfruttamento e con la miseria, mi sorprendo a spiare dove abbiano nascosto la corona. È inutile: non mi riesce di scorgerla. Eppure ce l’hanno! Mi è riuscito di scorgerla, invece, sul capo di Amir, un marocchino di tredici anni, che la mattina di Natale si è accostato alla mia macchina a pulire il parabrezza, quando mi son fermato al semaforo. In quel momento ho provato una stretta al cuore. La stessa provata dai poeti dell’Ottocento davanti a Valentino vestito di nuovo, come le brocche del biancospino… ma nudi i piedi come un uccello. A simbologie invertite, però. Per Valentino, piedi nudi e corpo splendidamente vestito. Per Amir, nudo il corpo e capo splendidamente coperto. Sì, capo coperto da una corona regale. Gliel’ha messa lui! Carissimi catechisti, il Signore vi abiliti a introdurre nella coscienza dei vostri ragazzi un grande rispetto per quella corona di gloria e di onore collocata sul capo di ognuno. Al punto che essi sappiano scorgere la presenza del principe nell’abito del povero. Si guardino dal profanare la propria vita nell’abiezione morale. E ogni oltraggio dell’uomo sull’uomo venga da essi percepito come delitto di lesa maestà.

Tratto da: Tonino Bello Scrivo a voi… Lettere di un vescovo ai catechisti EDB

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