Carissimi,
a volte si ha la sensazione che i nostri orizzonti si siano molto raccorciati. Le nostre preoccupazioni sono tutte volte alla breve parabola dei nostri pochi anni. E anche se la vita da queste parti si è allungata, comunque la corsa è breve.

Siamo assorbiti da quello che viviamo sul momento. Siamo catturati dal presente. La nostra vita sembra avere un passato sbiadito e un futuro non solo incerto, come lo è stato per tutti, ma inconsistente. La nostra vita sembra non avere un prima e sembra non avere un dopo .

Tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletto! Questa affermazione che, il frate di Assisi, Francesco, usava cantare e che sembra molto puerile, nasconde il segreto che a noi ci sta sfuggendo di mano. Sì, perché siamo completamente presi dalla preoccupazione per questa vita che perdiamo di vista la domanda che ci porta a sbirciare , al di là del tempo che ci verrà riservato, per vedere se ci aspetta qualcosa oltre questo
tempo.

Ci manca una prospettiva di ampio e largo respiro e rischiamo di ridurre tutto alla breve parentesi della nostra esistenza. Si sono rimpicciolite le nostre speranze. Si sono ridotte. Sono diventate molto piccole, talmente piccole che fanno fatica a spingerci avanti. Questo tempo con il quale comincia l’anno liturgico vuole che alziamo la testa per fissarla alla fine del viaggio. Alzare la testa per non guardare solo dove mettiamo i piedi e per non essere solo preoccupati che nessuno ce li calpesti.

Cosa ci aspetta? Cosa ci aspettiamo? Chi ci aspetta? Chi aspettiamo? Queste domande sono molto scomode perché facendole risuonare nelle profondità di noi stessi rischiano di darci risposte molto dure. Ci potremmo trovare davanti a un resoconto che mostra una fredda solitudine e un vuoto da capogiro.

Tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletto!

Il vangelo parla di uno Sposo che arriva, di un Re che ritorna, del Figlio dell’uomo che arriva nella sua gloria.

La vita dei santi e di qualsiasi cristiano è segnata da un incontro che riempie la vita. Tutta quanta. E la riempie di attesa. La vita diventa un gioco dolcissimo dove Lui ci cerca e noi lo cerchiamo. Dove lui ci aspetta e noi lo spettiamo. Dove Lui si precipita, appena ci intravede, e noi lo riconosciamo dietro a tante vicende, in tanti angeli che passano, in tantissime situazioni… dove non può essere che Lui. No . La vita del cristiano non è un viaggio nella solitudine e che approda alla solitudine. È un viaggio verso casa. E la casa è sempre qualcuno che ci aspetta.

Il cristiano vive con grande intensità questa vita, con amore… perché scorge dovunque la voce e la presenza del suo Signore e attende di fissare finalmente i suoi occhi in quelli di Lui.

Il cristiano ama questa dolce terra che lo ospita e dà il giusto valore alle cose che ha, alle persone che lo accompagnano, alla missione che vive, agli onori e ai dolori, alle gioie e alle lacrime, alle feste e al pianto, alle
conquiste e alle sconfitte, alle vittorie e ai fallimenti, all’abbandono e all’amore, alla salute e alla malattia, all’abbondanza e alla precarietà, agli onori e ai rifiuti…

Tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletto!

Tempo fa mi sono imbattuto in una frase di S. Agostino che non ho più dimenticato, che diceva così: “Perché ti agiti, perché ti dimeni? Per vivere mi rispondi. Per vivere e vivere per sempre? No. Allora tu che ti agiti tanto per vivere un po’ più a lungo fa’ qualcosa per non morire mai”. L’Avvento ci aiuti ad alzare la testa per vedere non solo la fine della strada, ma pure i cieli nuovi e la terra nuova. Ci salvi dalla tristezza di non aspettare più nulla e più nessuno.

Il Signore vi benedica

p. Emanuele, p. Francesco e p. Amedeo

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